Centro di aiuto alla vita S. Maria del colle - Giovanni Paolo II  -  Lenola Latina

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Veglia di preghiera

Veglia di preghiera per la 42a Giornata per la vita

 APRITE LE PORTE ALLA VITA

 

Un’icona dell’Annunciazione viene collocata al lato dell’altare con una lampada accesa.

Canto

Con la vergine Maria e san Giuseppe che offrono il bambino Gesù al Tempio offriamo anche noi il nostro abbraccio ad ogni concepito, ad bambino, ad ogni persona che chiede di essere accolta e protetta. È vero. Non tutti fanno l’esperienza di essere accolti da coloro che li hanno generati: numerose sono le forme di aborto, di abbandono, di maltrattamento e di abuso. Questa catena di rifiuto con l’apporto di tutti noi e con la forza della Grazia può essere interrotta e trasformata in un’azione di cura, capace di custodire ogni vita dal concepimento al suo naturale termine. Qui infatti emerge con chiarezza che non è possibile vivere se non riconoscendoci affidati gli uni agli altri. Il frutto del Vangelo è la fraternità.

Cel. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

Cel. L’amore del Padre, che Gesù ci ha rivelato per mezzo dello Spirito Santo, è vita per il mondo e ci raccoglie insieme nella Comunione dei Santi. Il Signore sia con voi. E con il tuo spirito.

LA VITA È DONO DI DIO

Lett.: Ringraziare voglio il Divino Signore per le creature che popolano questo nostro universo, per il mattino che ci apre al principio, per la notte che ci accompagna al domani, per l’amore che ci fa vedere gli altri come parte di noi stessi, per la vita che è il dono più straordinario della Sua bontà.

Dal Libro della Sapienza (11,22-26)

Tutto il mondo davanti a te, come polvere sulla bilancia, come una stilla di rugiada mattutina caduta sulla terra. Hai compassione di tutti, perché tutto tu puoi, non guardi ai peccati degli uomini, in vista del pentimento. Poiché tu ami tutte le cose esistenti e nulla disprezzi di quanto hai creato; se avessi odiato qualcosa, non l’avresti neppure creata. Come potrebbe sussistere una cosa, se tu non vuoi? O conservarsi se tu non l’avessi chiamata all’esistenza? Tu risparmi tutte le cose, perché tutte son tue, Signore, amante della vita.

Dal Messaggio dei Vescovi italiani per la Giornata per la Vita 2020

È vero. Non tutti fanno l’esperienza di essere accolti da coloro che li hanno generati: numerose sono le forme di aborto, di abbandono, di maltrattamento e di abuso.

Davanti a queste azioni disumane ogni persona prova un senso di ribellione o di vergogna. Dietro a questi sentimenti si nasconde l’attesa delusa e tradita, ma può fiorire anche la speranza radicale di far fruttare i talenti ricevuti (cfr. Mt 25, 16-30). Solo così si può diventare responsabili verso gli altri e “gettare un ponte tra quella cura che si è ricevuta fin dall’inizio della vita, e che ha consentito ad essa di dispiegarsi in tutto l’arco del suo svolgersi, e la cura da prestare responsabilmente agli altri. Se diventiamo consapevoli e riconoscenti della porta che ci è stata aperta, e di cui la nostra carne, con le sue relazioni e incontri, è testimonianza, potremo aprire la porta agli altri viventi. Nasce da qui l’impegno di custodire e proteggere la vita umana dall’inizio fino al suo naturale termine e di combattere ogni forma di violazione della dignità, anche quando è in gioco la tecnologia o l’economia.

Preghiamo insieme:

Signore, amante della vita, guarda alla sofferenza di tanti innocenti e fa che ogni grido, ogni sospiro, ogni lamento e lacrima salga al tuo cospetto come sacrificio di soave odore, per essere da te trasformato in frutti di grazia, affinché ogni uomo della terra possa accogliere, difendere e amare la vita.

GESTO: Portare all’altare la luce di Cristo, vita del mondo

(Il celebrante spiega il gesto. Viene portata all’altare una luce)

Canto

Lett.: Per dire, o Signore, cosa hai fatto per me vorrei usare le parole più preziose, ma temo di essere solo capace di riconoscere che da Te ho ricevuto il dono della vita e il mio desiderio è solo quello di esserne degno.

Dal Libro dei Salmi (139, 13-16)

Sei tu che hai creato le mie viscere e mi hai tessuto nel seno di mia madre.

Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio; sono stupende le tue opere,

tu mi conosci fino in fondo. Non ti erano nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto, intessuto nelle profondità della terra. Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi e tutto era scritto nel tuo libro; i miei giorni erano fissati, quando ancora non ne esisteva uno.

Dal Messaggio dei Vescovi italiani per la Giornata per la Vita 2020

Sarà lasciandoci coinvolgere e partecipando con gratitudine a questa esperienza che potremo andare oltre quella chiusura che si manifesta nella nostra società ad ogni livello. Incrementando la fiducia, la solidarietà e l’ospitalità reciproca potremo spalancare le porte ad ogni novità e resistere alla tentazione di arrendersi alle varie forme di eutanasia.

L’ospitalità della vita è una legge fondamentale: siamo stati ospitati per imparare ad ospitare. Ogni situazione che incontriamo ci confronta con una differenza che va riconosciuta e valorizzata, non eliminata, anche se può scompaginare i nostri equilibri.

È questa l’unica via attraverso cui, dal seme che muore, possono nascere e maturare i frutti (cf Gv 12,24). È l’unica via perché la uguale dignità di ogni persona possa essere rispettata e promossa, anche là dove si manifesta più vulnerabile e fragile. Qui infatti emerge con chiarezza che non è possibile vivere se non riconoscendoci affidati gli uni agli altri. Il frutto del Vangelo è la fraternità.

Preghiamo insieme:

Signore, amante della vita, illumina le nostre azioni, non permettere al nostro arbitrio di prevalere, concedici di testimoniare in ogni nostro comportamento l’amore per il sommo bene della vita.

(Viene portata all’altare una luce)

Canto

Dal Libro del Siracide (Sir 17, 1-12)

Il Signore creò l’uomo dalla terra e ad essa lo fa tornare di nuovo. Egli assegnò agli uomini giorni contati e un tempo fissato, diede loro il dominio di quanto è sulla terra. Secondo la sua natura li rivestì di forza, e a sua immagine li formò. Egli infuse in ogni essere vivente il timore dell’uomo, perché l’uomo dominasse sulle bestie e sugli uccelli. Discernimento, lingua, occhi, orecchi e cuore diede loro perché ragionassero. Li riempì di dottrina e d’intelligenza, e indicò loro anche il bene e il male. Pose lo sguardo nei loro cuori per mostrar loro la grandezza delle sue opere. Loderanno il suo santo nome per narrare la grandezza delle sue opere. Inoltre pose davanti a loro la scienza e diede loro in eredità la legge della vita. Stabilì con loro un’alleanza eterna e fece loro conoscere i suoi decreti. I loro occhi contemplarono la grandezza della sua gloria, i loro orecchi sentirono la magnificenza della sua voce. Disse loro: «Guardatevi da ogni ingiustizia!» e diede a ciascuno precetti verso il prossimo.

Preghiamo insieme:

Signore, amante della vita, guidaci e illuminaci durante il nostro cammino di vita quotidiana, rendici capaci di riconoscere il tuo Volto nel fratello bisognoso e di testimoniare con la nostra vita il tuo Vangelo. Fa, o Signore, che ad ogni bambino sia garantito il diritto alla vita.

(Viene portata all’altare una luce)

Canto

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 2, 13-17)

Essi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo». Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Dall’Egitto ho chiamato il mio figlio.

Erode, accortosi che i Magi si erano presi gioco di lui, s’infuriò e mandò ad uccidere tutti i bambini di Betlemme e del suo territorio dai due anni in giù, corrispondenti al tempo su cui era stato informato dai Magi.

Preghiamo insieme:

Signore, amante della vita, aiutaci a desiderare la vita, ogni giorno. Come Giuseppe e Maria ti hanno difeso dalle mani omicide di Erode, dona ad ogni padre e ad ogni madre la forza di proteggere il miracolo della vita che accade dentro. Ogni grembo di madre sia culla di vita e non di morte! Che nessuno fermi la corsa di un cuore che batte, innocente. Che nessuno abbia paura della vita, perché la vita è gioia, la vita è dono!

(Viene portata all’altare una luce)

Omelia

Preghiamo insieme:

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi, affidiamo a Te la causa della vita: guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere, di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall’indifferenza o da una presunta pietà. Fa che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita. Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo, la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire, insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell’amore a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.

  1. Andate e annunciate a tutti il Vangelo della vita, splendore di verità che illumina le coscienze. Rendiamo grazie a Dio.

Canto

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Si terrà a Fondi il prossimo 9 Giugno alle ore 17:30 presso la sala conferenze del Castello Baronale. 

Il tema dell'incontro riguarderà "Le cure prenatali: la scienza che abbraccia la vita".

Il Convegno  è organizzato dal Cav S. Maria del Colle - Giovanni Paolo II, in collaborazione con Fondazione il Cuore in una Goccia Onlus e Policlinico Gemelli di Roma.

Relatore, il Prof. Giuseppe Noia, Direttore dell'Hospice Perinatale - Centro Cure Palliative Prenatali -"Santa Madre Teresa di Calcutta" - Policlinico Gemelli di Roma e Presidente della Fondazione il Cuore in una Goccia Onlus.

 
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Si terrà a Fondi il prossimo 9 Giugno alle ore 17:30 presso la sala conferenze del Castello Baronale. 

Il tema dell'incontro riguarderà "Le cure prenatali: la scienza che abbraccia la vita".

Il Convegno  è organizzato dal Cav S. Maria del Colle - Giovanni Paolo II, in collaborazione con Fondazione il Cuore in una Goccia Onlus e Policlinico Gemelli di Roma.

Relatore, il Prof. Giuseppe Noia, Direttore dell'Hospice Perinatale - Centro Cure Palliative Prenatali -"Santa Madre Teresa di Calcutta" - Policlinico Gemelli di Roma e Presidente della Fondazione il Cuore in una Goccia Onlus.

 
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“Che gioia sapere che un bambino è nato e una madre non ha abortito grazie alla Nostra solidarietà: sentirsi non solo genitori di un bambino, ma anche fratello o sorella di una mamma che finalmente sorride. La vita umana è la prima meraviglia… il Progetto Gemma è una dolce carezza a quella gemma.

Progetto Gemma” offre aiuto economico alle mamme in difficoltà. Se il dubbio sul portare avanti la gravidanza è riconducibile a una mancanza economica… il Progetto Gemma è la soluzione.
Il Movimento Per la Vita, infatti, aiuta le mamme in difficoltà economica fornendogli mensilmente 160 euro per 18 mesi dalla nascita del bambino. Un piccolo aiuto che può fare davvero la differenza tra la vita e la morte, come ci insegnano più di 30 anni di storia e di attività dei MPV e CAV.
Chiunque può fare queste adozioni: singoli, famiglie, gruppi parrocchiali, di amici o di colleghi, comunità religiose, condomini e classi scolastiche. Hanno aderito al Progetto anche Consigli comunali e perfino gruppi di carcerati. Spesso l’adozione viene proposta come dono per matrimoni, battesimi, nascite o in ricordo di una persona cara.

Il Centro di Aiuto alla Vita "S.Maria Del Colle - Giovanni Paolo II" ha adottato una mamma in ricordo di Bruno e Paolo che durante la loro vita hanno aiutato molto la nostra associazione e di cui oggi tutti noi ne sentiamo la mancanza perchè preziosi sono stati per l'associazione. Ed, ancora oggi, loro continuano ad aiutare le mamme in difficoltà perchè per una vita che muore ce n'è una che nasce. Lo abbiamo voluto fare anche per dire grazie alla vita se Francesca oggi è sorridente tra noi.

Dal 1994 al 2011, i bambini nati grazie a Progetto Gemma sono stati circa 15.000 e solo per l’anno 2011 le mamme aiutate sono state più di 1000. Essere un numero tra questi ci riempie il cuore di gioia e ci rende orgogliosi di ciò in cui crediamo, a Natale noi abbiamo deciso di far nascere un bambino !!!!!!!!!!!

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Oltre 30mila donne si sono rivolte ai Cav.

Ci sono discorsi, sulla vita. Sulle donne, sulle madri, sui diritti. Sui valori delle nuove generazioni di ragazzine che stanno crescendo, strette nella morsa micidiale della Rete, del disagio. E poi c’è quello che succede, ogni giorno.
Una di quelle ragazzine – ha appena 14 anni, vive a Roma – si siede alla scrivania e racconta d’aver preso la pillola del giorno dopo 4 volte nella stessa settimana. Un’altra – 16 anni, siamo in un paesino della Romagna – è incinta di 5 mesi e mezzo e non se n’era accorta, «che cosa succede adesso? Io questa pancia non la voglio». Spalmava la crema anticellulite, tutte le sere, prima di fare il test. Un’altra ancora ha comprato da sola i medicinali per abortire in casa, e l’ha fatto, «e adesso voglio solo morire, ma mi raccomando non dite niente ai miei genitori ». C’è chi arriva su un barcone, con un bimbo in grembo, e oltre a quell’inferno non ha niente, nemmeno un nome su un documento. C’è chi ha un lavoro stabile, e non sa chi è il padre del figlio «che ora rischia di rovinarmi la carriera». C’è chi scappa da un uomo violento, «se sa che aspetto un bambino mi ammazza». Queste donne in carne e ossa, nel 2016, hanno bussato oltre 30mila volte ai Centri di aiuto alla vita, riuniti da giovedì fino a domani a Milano per il 37° Convegno nazionale. Un po’ meno della metà di loro – 13mila – erano in gravidanza. Come si risponde a un’emergenza vera, subito? Cosa si fa, per una donna e per il suo bambino?
La strada più facile, all’apparenza, è quella di cancellare il problema. Si chiama aborto, ed ora si può fare anche in pillole (del giorno dopo, dei cinque giorni dopo, abortiva). È la più battuta nella nostra povera Italia: povera di risorse, povera di personale, povera di tempo. Non a caso l’ultimo dato disponibile, relativo al 2015, dice che è stata scelta 86.639 volte (a cui vanno aggiunte le altrettante confezioni di pillole varie acquistate). L’altra strada è quella che imboccano i Cav, 349 ospedali da campo sparsi sul territorio dove con le donne arrivano le gravidanze, le povertà, gli abusi, la crisi, il disagio abitativo, la mancata integrazione. E dove qualcuno propone un’alternativa: la vita.
La vita fa miracoli: nel 2016 sono stati 8.301, dal 1975 (l’anno di fondazione del primo centro a Firenze) a oggi oltre 190mila. Figli nati contro tutto e contro tutti, soltanto perché una donna è stata accolta e ascoltata. I soldi, la casa, vengono dopo. Servono, certo: ci vuole una casa per le donne che non ne hanno una (40 le strutture di accoglienza che appoggiano i Cav), ci vogliono soldi per chi non ha denaro (795 i Progetti Gemma avviati nel 2016) Prima però c’è una mano tesa, un sorriso. Al presidente del Movimento per la vita, Gian Luigi Gigli, piace chiamarlo «nuovo umanesimo»: «Occorre questo, un nuovo umanesimo che incominci ad essere presente già qui e ora, nel presente della Storia grazie a donne e uomini capaci – dove la disumanità avanza – di testimoniare ricostruendo l’umano, di generare pensieri e azioni oltre la corrente» ha detto aprendo il convegno di Milano ieri. Concretezza, contro i discorsi. Vita, contro la morte: «Quella Vita, come scritto nella vostra sigla, che è di per sé maiuscola, dono che ci trascende – ha scritto il presidente della Cei Gualtiero Bassetti nel suo saluto ai Cav –, ma che necessita costantemente sia di supporti materiali immediati, sia di percorsi pedagogici a monte». Nei Cav a renderli possibili sono oltre 15mila volontari. Anche loro, spesso, con storie di sofferenza alle spalle, perché a una ragazza che vuole abortire serve trovarsi davanti qualcuno che sa cos’è l’aborto, che ha portato in grembo un figlio. E che risponde «ci sono». Succede sempre più spesso online, dove i Cav stanno trasferendo la loro presenza in maniera massiva (tramite il servizio Sos Vita) per arrivare ai giovani e possibilmente prima dell’emergenza: la nuova sfida è lì, dove le piccole donne chiedono “aiuto” a Google – o, più spesso, scrivono “aborto” – e il motore di ricerca offre le sue fredde risposte. La vita ha più che mai bisogno di testimoni anche in Rete.

I 200 figli nati nella “tenda” di Angela

Angela Fabbri ha aperto per la prima volta la porta nel 1986. Lo ricorda come fosse adesso: Rosa che timida si fa avanti in casa col suo pancione e dice che si vergogna così tanto, del disturbo. Angela le offre la sua camera da letto e dorme sul divano fino alla nascita di Sofia. La casa di accoglienza di Forlì nasce così, dentro la casa di Angela. Che nel corso degli anni si allarga: una stanza acquistata dal vicino, una ceduta, un lavoro di ristrutturazione. Poi, nel 2003, la diocesi decide di darle le chiavi di una grande struttura in via Lazzarini, proprio vicino a un asilo. È il segnale, Angela (che di mestiere insegna) fa i bagagli e si trasferisce a vivere lì. E lì, nella sua “Tenda”, di mamme e di bambini ne sono passati a centinaia nel corso degli anni. Alcune sono rimaste, come Aurora. Il suo bambino l’ha messo al mondo a 13 anni e mezzo e oggi – ha 19 anni, il suo piccolo 5 – fa servizio civile nelle scuole, accanto ai bambini che hanno problemi. Altre se ne sono andate. Altre ancora, e sono molte, i loro figli li hanno lasciati lì.
Sono i bimbi di Angela, “Dada”, come la chiamano loro. La più piccola è Denise, ha 9 mesi. I suoi genitori sono in una comunità a disintossicarsi. Il più grande, Francesco, di anni ne ha 9 ed è affetto da una malattia genetica che comporta un ritardo mentale. Non l’ha voluto, la sua mamma, «che vive chissà dove in Sicilia – racconta Angela –, non lo vuole adottare nessuno, nonostante una sentenza permetta questa strada. E allora me lo tengo io». Tra i “figli” di Angela, 200 in vent’anni (Angela, di anni, ne ha 76) c’è anche Bronson, la mamma americana, il papà italiano: «Ha 3 anni e riempie la vita nella casa coi suoi pasticci e i suoi colpi di genio. ‘Dada, vieni?’ ripete e quando lo rimprovero mi dice che non è colpa delle sue manine, ma della testa, ‘è qui che ho sbagliato Dada’ e si indica la tempia».
Nella casa di Forlì è più facile che le mamme che vogliono abortire cambino idea. Dal Cav, dove arrivano, le mandano ad Angela che gli fa conoscere i bambini e gli presenta Aurora: «In questo modo servono meno parole per dire come si fa, a dire di sì alla vita». L’educazione passa attraverso l’esempio di chi ha sofferto, di chi ha sbagliato, di chi è stato rifiutato persino. E chi è passato, di qua, torna. Chiama, scrive, manda regali («domenica scorsa ci è arrivato tutto l’occorrente per fare una grigliata da una coppia adottiva»). Come Mirsad, un altro “errore” riparato da Angela. Quando gliel’hanno segnalato, nel 2002, pesava 750 grammi: era una piuma ricoverata al Sant’Orsola di Bologna, e buttata via. Angela l’ha portato da ogni dottore, finché l’ha rimesso in piedi. «A 3 anni l’hanno adottato. Oggi ne ha 16, mi telefona per raccontarmi della scuola, dei suoi successi. È intelli- gente, dotato, così felice». E quella prima mamma, Rosa? «Ha cresciuto una splendida bambina grazie all’aiuto di una famiglia di volontari che aveva due gemelle sue coetanee, con cui la piccola andava in vacanza. Quando Rosa s’è ammalata di cancro e ha capito che non ce l’avrebbe fatta, ha chiesto a loro di adottarla. Le hanno detto di sì». Rosa è morta di cancro quando Sofia aveva 14 anni. Angela l’aveva ospitata in casa, nel lontano 1986, perché sua mamma non sopportava l’idea che fosse rimasta incinta così giovane: «Il giorno del funerale la madre di Rosa è salita sul pulpito e piangendo ha detto a tutti: ‘Mia figlia mi ha insegnato a vivere’».
Per un figlio buttato via ha invece deciso di aiutare le altre donne Monica, volontaria storica di un Cav di Roma. «A 16 anni sono rimasta incinta e mi hanno costretto ad abortire. Nessuno voleva saperne di quella vita, ed io ero così sconvolta…». Monica non ha mai saputo il sesso di suo figlio, ma è convinta fosse una femmina, «Daniela. L’ho sempre chiamata così, di nascosto. Tenevo dentro di me quel nome, e quell’immagine di lei che in cima a una scala urlava ‘mamma’». La scala tutte le volte crollava, e tutte le volte Daniela scompariva. Finché un giorno, Monica è grande e fa volontariato svogliatamente in parrocchia, le dicono che c’è una ragazza da aiutare: «Era una minorenne che era rimasta incinta e non voleva il suo bambino. La prima volta che la incontro mi si avvicina e mi si presenta: ‘Sono Daniela’ ». Per Monica è una campana che suona nel petto, la chiamata a “riparare” l’errore commesso: «Ho aiutato quella Daniela ad avere la sua piccola e da quel giorno ho dedicato la mia vita al Centro di aiuto alla vita». E ai figli che sono venuti dopo: Monica oggi ne ha 4, suoi. Qualcuno dice 400, nati al Cav: «Ma no, questi numeri non mi interessano – arrossisce –. Mi interessa ogni giorno sedermi davanti a una donna come me quando avevo 16 anni e dire ‘Io sono chi sei’. Per la Daniela che porta in grembo».

La proposta. I neonati delle Culle. «Ora una legge»

Meritano una conta a parte. Si chiamano Stefano, Mario, Daniela, Pasqualino, Giovanni, Francesco, Azzurra e Alessandro: sono i neonati sistemati dal 2007 a oggi nelle Culle della vita, gli sportelli diffusi in tutta Italia per convincere le mamme che hanno partorito a non gettare i propri piccoli nei cassonetti, o abbandonarli per la strada. A moltiplicare questa rete, che oggi conta su 57 luoghi di accoglienza (alcuni ancora rudimentali, altri ultratecnologici e collegati direttamente ai Pronto soccorso degli ospedali), è stata Rosa Rao Cassarà, anima del Movimento per la vita siciliano. Che a Milano, per il Convegno nazionale dei Cav, è arrivata con un dossier d’eccezione alla mano: dentro tutti i numeri, le storie e persino le fotografie aggiornate delle Culle.
«Su cui tuttavia – sottolinea Rosa – pesa l’assenza di attenzione da parte delle istituzioni». L’impegno del Movimento è infatti quello di ottenere una legge che regolarizzi le Culle come Punti di accoglienza a carico delle Aziende sanitarie: «In questo modo ci sarebbe più informazione e anche più attenzione verso questa possibilità, ancora ignorata da molte donne».


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